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E’ tutta colpa del porno

Uno Stato che invece di educare, censura, ha veramente assolto al suo compito di formare generazioni consapevoli?

Il dito e la luna

Lo stupro di Palermo e quelli di Caivano hanno sollevato una discussione sul porno e di quanto questo, secondo alcuni, veicoli un messaggio violento e distorto della sessualità così potente da essere una delle cause delle ripetute violenze cui assistiamo.

Il porno non ha una funzione educativa: il porno è business.

L’educazione alla sessualità e alla affettività dovrebbe essere compito, non tanto della famiglia, ma della scuola, dello Stato che avrebbe fra l’altro, a sua disposizione programmi differenziati in base all’età (in Italia non c’è una legge che preveda l’obbligo dell’educazione sessuale nelle scuole).

Non penso che la famiglia debba avere il controllo assoluto su questo argomento: i genitori sono i primi a non aver ricevuto alcun tipo di educazione sessuale e, a volte, ad avere un approccio estremamente sessista e patriarcale che non fa altro che replicare stereotipi e violenze di genere.

Gridare al porno come il male del secolo è come fissare l’attenzione sul dito (anzi su un mm quadro del polpastrello dell’indice sinistro) e non sulla luna.

Studi di alcuni anni fa mostravano come i bambini già ad 11 anni con il primo cellulare avevano accesso al porno, età che oggi sembra essersi abbassata a 8.

Sembra quasi banale sottolinearlo ma è l’educazione che fa la differenza: insegnare a tutt* che prima di tutto viene il rispetto nei confronti dell’altr* e di se stessi; che il sesso può essere un gioco, può essere divertente e che non è un obbligo da assolvere; che non ci sono corpi giusti e performanti; che si può fare in molti modi diversi e che alla base di qualsiasi relazione che coinvolga l’altro ci deve essere sempre e solo il consenso. Perché un NO è un NO.

Si può dare il consenso e ritirare per un milione di motivi e questo va rispettato. SEMPRE.

Il consenso deve essere chiaro, verbale, convinto. Non lo si deduce dall’abbigliamento, dalla quantità di rapporti sessuali intrattenuti in passato o da idee sessiste su come si debba comportare una donna.

Vale per tutt*. Anche se poi, chi paga veramente in termini di morti e stupri, in questa società patriarcale è la donna, biologica o meno o chi non corrisponde al binarismo imposto.

E quindi se non educo, a cosa serve la censura? A deresponsabilizzare l’intera società; a non farla crescere culturalmente e umanamente, a trovare il capro espiatorio in altro. Mi sembra più un modo per non cambiare nulla dando l’impressione di aver fatto molto.

Se si raccontasse che il porno è fatto di attori e attrici che si preparano per quelle scene, che si usano pasticche, dilatatori, che quello che si mostra accade, sì, ma è costruito, che la violenza di certi amplessi ha, comunque, sempre alla base il consenso di chi sta lavorando, insomma che non è una realtà immutabile da replicare, che amore, sesso, comunicazione possono e sono altro, non sarebbe meglio? E’ più difficile, certo.

L’attuale governo sta pensando di introdurre delle limitazioni all’accesso ai siti porno. A parte il fatto che basterebbe avere la complicità di qualche maggiorenne per aggirare un divieto, cosa comporterebbe un controllo così invasivo delle attività personali?

L’esempio USA

Recentemente negli USA, in diversi Stati, sono state approvate delle leggi che impongono agli utenti dei siti porno di dimostrare l’età attraverso i documenti.

È di qualche giorno fa la notizia che in Texas un giudice, successivamente a una querela presentata dalla Free Speech Coalition (FSC) contro la legge HB1181 per la verifica dell’età (votata da repubblicani e democratici) e che sarebbe dovuta entrare in vigore lo scorso 1° settembre, ha impedito al Procuratore Generale di applicarla mentre il caso è ancora in corso.

La Free Speech Coalition ha dichiarato:

“Questa è una vittoria enorme e importante contro la crescente ondata di censura online”, afferma Alison Boden, direttore esecutivo della Free Speech Coalition. “Fin dall’inizio abbiamo sostenuto che la legge del Texas, e quelle simili, sono pericolose e incostituzionali. Siamo [contenti] che la Corte sia d’accordo con la nostra opinione secondo cui il vero scopo di HB1181 non è quello di proteggere i giovani, ma di impedire ai texani di godere della libertà di espressione protetta dal Primo Emendamento. La difesa della legge da parte dello Stato non si basava sulla scienza o sulla tecnologia, ma sull’ideologia e sulla politica.”

Fra le varie obiezioni presentate da FSC vi sono la violazione della libertà di espressione e della privacy (la legge prevede che l’utente dimostri l’età attraverso la carta di identità o altri sistemi di riconoscimento ufficiali). FSC fa notare come ci siano metodi più efficaci per proteggere i minori (i sistemi di controllo parentale, per esempio) e che lo Stato non può divulgare informazioni pseudoscientifiche (il porno danneggia lo sviluppo mentale, ad esempio) e che comunque il settore usa già software per bloccare i contenuti.

Leggi simili, comunque, sono state presentate o già approvate in altri stati come Utah, Louisiana e Virginia.

Piccola nota neanche troppo irrilevante: i gruppi ultra conservatori che stanno portando avanti la battaglia contro i siti porno sono anche contro l’aborto e il sex work.

Tornando all’Italia, in base a quanto riportato dai giornali, la stretta sul porno dovrebbe prevedere misure per certificare l’età di chi accede ai siti porno e un incoraggiamento all’utilizzo da parte delle famiglie all’uso del parental control. L’idea è della Ministra per la Famiglia Eugenia Roccella alla quale fa da sponda la Ministra dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini che ritiene non esserci alcuna censura ma protezione nei confronti dei minori.

I minori hanno il diritto ad essere informati ed educati ma reprimere è più facile, evidentemente.

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