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Pensando a come introdurre Stephan Mills mi è venuta in mente una parola: “invisibilità” che in parte ancora riguarda il mondo intersessuale ma che è sicuramente la condizione opposta a quella di Stephan che, invece, nella visibilità e nella parola incarna il suo vivere.
In una società dove il binarismo è ancora per molti la regola, una persona intersessuale determina una frattura perché non facilmente incasellabile in un ordine imposto, predeterminato dai genitali e dai ruoli di genere che ne vengono associati. Non solo, il tentativo di normalizzare ciò che non era e non è ritenuto conforme porta a una serie di violazioni dei diritti umani, fra i quali in primis il diritto all’integrità fisica di ogni persona.
Ho conosciuto Stephan nel 2020 quando ho organizzato in collaborazione con Casetta Rossa un evento dal titolo XXY: corpi non conformi, dialogo sull’intersessualità. Il suo intervento si è caratterizzato per l’intensità e per le emozioni che ha saputo comunicare.

Stephan Mills è un ragazzo intersex, di origine libanese/statunitense, studente di medicina. La passione per la medicina è nata proprio grazie al suo essere una persona intersex. E’ un componente del collettivo Intersexioni da quando aveva 18 anni. La formazione classica e la passione per la cultura latina e greca antica hanno influito molto sulla sua sensibilità, in parte contribuendo al suo interesse per le problematiche sociali. Come il corpo umano, anche la società può ammalarsi e necessita di essere curata; da futuro medico e da attivista, si pone l’obiettivo di curare sia le malattie del corpo che quelle della società.
Definizione di “intersessualità”
Amalia: Stephan, partiamo dalle basi, che cosa vuol dire essere una persona intersessuale? E soprattutto quali sono i termini corretti da usare?
Stephan: Inizierei dicendo brevemente che in genere i termini preferibili da usare sono intersex o “persona con variazione nelle caratteristiche di sesso”. Il termine “intersessuale” è sicuramente corretto dal punto di vista lessicale, tuttavia, molte persone lo ritengono fuorviante perché la desinenza “sessuale” potrebbe alludere (erroneamente) ad un ipotetico orientamento sessuale, mentre il significato di intersex riguarda esclusivamente le caratteristiche di sesso biologiche e fisiche di una persona. Inoltre, “intersex” e “persona con VCS” (“variazione delle caratteristiche di sesso”) sono termini coniati dagli attivisti stessi.
In ambito medico viene spesso utilizzato l’acronimo DSD, che sta per “Disorders of Sex Development” (“disturbi dello sviluppo sessuale”), un acronimo poco utilizzato dalle persone intersex data la natura patologizzante del termine; alcune persone intersex utilizzano l’acronimo DSD per riferirsi a sé stesse, ma inteso come “Differences of Sex Development” (differenze dello sviluppo sessuale, anziché “disturbi”). Ci sono sicuramente alcune persone intersex (penso una minoranza) che invece preferisce utilizzare la terminologia patologizzante.
In genere però, consiglio vivamente di utilizzare parole come “intersex” e “VCS”. Per quanto riguarda il significato di questo termine, possiamo considerarlo come una parola ombrello che indica una serie di variazioni naturali e congenite (con cui si nasce, cioè, non ci si diventa) per cui una persona avente queste caratteristiche ha un corpo che non può essere considerato completamente femminile o maschile.
Siccome molte definizioni mediche sono patologizzanti, la definizione “formale” che preferisco dare è quella data dalla dott.ssa Michela Balocchi nell’introduzione del libro Intersex Antologia Multidisciplinare, secondo cui
intersex è un termine ombrello con cui si comprendono tutte quelle variazioni delle caratteristiche di sesso genetico/cromosomico, gonadico/ormonale, e/o anatomico (relativo alle caratteristiche sessuali primarie e secondarie) di una persona che non rientrano nelle tipiche nozioni binarie dei corpi considerati femminili o maschili.
Per portare il tutto su un piano più concreto, un esempio di intersex potrebbe essere una persona che nasce con genitali esterni femminili (vulva), ma invece di avere utero e ovaie, possiede dei testicoli ritenuti nell’addome e un cariotipo maschile (cromosomi XY), oppure una persona può avere genitali “ambigui” o “atipici”, ad esempio un clitoride ipertrofico che assomiglia ad un piccolo pene, o avere cromosomi XXY, o avere tessuto gonadico sia ovarico che testicolare. Ci sono tante variazioni.
Corpi intersex e diritti umani violati
A.: Quali sono i diritti umani che vengono costantemente violati nel patologizzare e medicalizzare le persone intersex?
S.: Le persone intersex sono spesso soggette a mutilazioni genitali e trattamenti ormonali forzati e non consensuali, effettuati con lo scopo di “correggere” i nostri corpi. Se un* neonat* nasce con genitali atipici, viene spesso operat* per “normalizzare” l’aspetto di questi genitali, riconducendoli ad un aspetto femminile o maschile.
Sono interventi interamente a scopo cosmetico, spesso infatti non vi è alcuna necessità medica per operare; i medici stessi riconoscono questo e la presenza di atipicità genitale come un’“emergenza sociale”, non medica. In rari casi ci può essere la necessità medica per effettuare un intervento chirurgico (ad esempio stenosi dell’uretra che blocca il passaggio di urina) e in quel caso è importante intervenire. Ma avere un clitoride ipertrofico (più grande della norma), ad esempio, di per sé non costituisce un problema medico che necessita di essere curato; è semplicemente una deviazione dalla norma statistica e non deve essere toccata senza il consenso informato dell’individuo direttamente interessato.
Chiaramente un* neonat* non può dare il suo consenso per un intervento esclusivamente cosmetico. Neanche una persona di cinque anni può. E spesso neanche un/un’adolescente può dare il suo consenso informato, dal momento che potrebbe non capire bene cosa comporti un intervento simile. Può capitare anche che una persona non venga operata alla nascita, ma che in adolescenza i medici propongano un intervento a scopo normalizzante e che pongano la cosa come una sorta di necessità o urgenza, suscitando timore nel/nella paziente, tanto da persuaderlo/la a operarsi e/o a intraprendere una terapia ormonale.
Per esempio, quando ero adolescente, alcuni medici mi dicevano che se non mi fossi operato nessuno avrebbe voluto fare sesso con me e cose simili; è una sorta di “minaccia” e molte persone ci credono veramente; quindi, preferiscono operarsi pensando che soltanto in questo modo potranno essere felici. Ma non è affatto così.
Per prima cosa, si può vivere una vita soddisfacente e felice da persona intersex, anche senza alcun intervento medico/chirurgico; poi, gli interventi fatti in età pediatrica senza il consenso dell’individuo portano a tante complicanze, come lesioni nervose, danno tissutale, problemi all’uretra, fistole, prolassi, oltre al fatto ovvio che sono operazioni cosmetiche non consensuali; il tutto insieme porta ad un grave effetto sulla salute mentale dell’individuo e sulla sua immagine/percezione corporea.
È una minaccia all’integrità psico-fisica dell’individuo, una grave violazione dei diritti umani. C’è anche tantissimo stigma attorno: capita che i medici non dicano la verità ai/alle loro pazienti intersex, i/le quali passano la loro infanzia in ospedale per interventi di revisione per correggere le complicanze dell’intervento originario, a domandarsi del perché di tutto questo senza ricevere in risposta la verità, al tempo stesso subendo bullismo a scuola, discriminazione, violenze mediche, fisiche, sessuali, ecc.
Con questi interventi non consensuali e non vitali, si va a trasformare una persona sana in un paziente cronico, che ha un corpo mutilato e necessita di revisioni chirurgiche e visite mediche frequenti, mentre altrimenti (senza chirurgia/terapia non voluta e non necessaria) la persona intersex sarebbe stata sana e felice. La vera “emergenza sociale” non è nascere intersex, ma trattare l’essere intersex come se fosse un abominio; se trattassimo i corpi intersex come una naturale variazione dello sviluppo sessuale, invece che come delle mostruosità, le persone intersex sarebbero molto più felici e avrebbero una qualità di vita molto migliore.
Se una persona intersex adulta vuole operarsi e/o se un intervento è necessario, ovviamente io non sono contrario a questo. Io stesso sono in terapia ormonale, cosa che mi ha aiutato tantissimo da un punto di vista psicologico e dal punto di vista della mia salute fisica. Le parole chiave qui sono autodeterminazione e consenso informato.
E in Italia cosa accade?
A.: Che cosa accade normalmente in Italia quando un neonat* ha dei genitali ambigui?
S.: La stessa cosa che accade nella maggior parte di Paesi (almeno in Occidente). Spesso vengono fatti questi interventi cosmetici non vitali e non consensuali. Ci sono nazioni (Malta dal 2015 e Grecia da poco) che proibiscono questi interventi su bambin* e neonat*, sanzionando pesantemente i medici che li fanno. Uno o due anni fa a New York City c’è stata la promessa da parte di TUTTI gli ospedali della città di non fare queste operazioni.
Grazie all’attivismo, c’è stato tanto progresso. Ma c’è ancora tanta strada da fare, soprattutto in Italia dove non abbiamo alcuna legge che ci protegge espressamente.
A.: Cosa vuol dire, quindi, essere intersex oggi in Italia?
S.: Vuol dire purtroppo ancora (spesso) subire interventi e terapie non consensuali (non necessari dal punto di vista medico), essere presi in cura da medici poco esperti in materia che non conoscono bene i nostri corpi e che non ci forniscono i dettagli necessari sulle nostre condizioni/variazioni e su eventuali terapie/interventi (oltre a fare spesso commenti inopportuni e offensivi), significa non essere protetti dalla legge, subire discriminazioni dal personale sanitario, al lavoro, bullismo a scuola, e violenze di vario tipo. È così in molte parti del mondo, non solo in Italia. Significa essere ancora troppo invisibilizzati; ancora troppe poche persone sanno cosa significhi “intersex”.
L’attivismo nel mondo LGBTIQ+
A.: Tu fai parte di uno dei pochi collettivi (se non l’unico) che si occupano di intersessualità in Italia, Intersexioni, a tal proposito come si inseriscono le richieste della comunità intersex all’interno del mondo LGBTIQ+? E al di fuori della comunità?
S.: Qualche anno fa è stata inserita la “I” all’interno del crescente acronimo LGBTQI+. Ho due opinioni al riguardo, che sono in conflitto l’una con l’altra: da una parte vedo il senso nell’inserire la I nella comunità LGBT+, dal momento che subiamo discriminazioni simili a quelle rivolte a persone gay e trans per via della nostra diversità sessuale, ma dall’altra parte è innegabile che le battaglie della comunità intersex siano molto diverse da quelle della comunità omosessuale e di quella trans (nonostante ci siano elementi in comune e punti d’incontro).
Ritengo anche che la I sia stata inserita molto a caso, perché le associazioni gay e trans che parlano dei diritti intersex sono davvero poche e circola ancora tanta disinformazione e poco interesse al riguardo. Penso che sia giusto separare le due cose, al tempo stesso riconoscendo le intersezioni e gli elementi in comune. Penso che sia giusto che la comunità intersex abbia il proprio movimento, focalizzato esclusivamente sui diritti intersex, ma penso anche che sia importante la collaborazione di comunità/movimenti più conosciuti, come appunto quella LGBT, per una questione di visibilità e per il fatto che “l’unione fa la forza”. Questa è la mia opinione per ora.
Tutela della persona intersex e corretta informazione
A.: Nella tua esperienza personale quanto è stato ed è importante il sostegno della tua famiglia? Cosa consiglieresti a chi si trova oggi ad affrontare l’intersessualità del proprio figlio/a?
S.: Il sostegno della mia famiglia è stato fondamentale nella mia crescita. Non so cosa avrei fatto se non fosse stato per l’aiuto di mia madre, che mi ha sempre accompagnato alle visite mediche e appoggiato nelle mie scelte. Ci sono stati momenti di tensione e incomprensione nella mia famiglia, ma tutto sommato ho sempre ricevuto tantissimo affetto e supporto; inoltre, alcune incomprensioni che c’erano nel passato ora sono totalmente risolte. Penso che l’appoggio della famiglia sia importantissimo per ogni individuo, soprattutto se si sta affrontando un periodo difficile.
Il consiglio che darei ad un genitore di una persona intersex è di informarsi bene su internet e cercare gruppi di supporto con altre persone intersex e genitori, prima di affrettarsi a prendere una decisione (per un eventuale intervento) sul corpo del/la proprio/a figlio/a; sono sicuro che incontrando altri genitori e persone intersex, molti genitori sceglierebbero di non far operare i loro piccoli, mentre se ascoltassero solamente i medici probabilmente opterebbero subito per eventuali interventi che rovinerebbero la vita al/la loro figlio/a.
Direi loro che nella maggior parte dei casi non serve preoccuparsi e che il/la loro figlio/a può vivere una vita perfettamente soddisfacente e bella da persona intersex; che essere intersex non significa automaticamente che quella persona non sarà mai in grado di integrarsi nella società e che sono spessissimo questi interventi non consensuali a rendere la persona infelice (e non il fatto che sono intersex). Sicuramente ci sono delle difficoltà da affrontare, ma non è affatto così drammatico come fanno credere molti medici (e la nostra società in generale). Accettate i vostri figli, amateli e non fateli sentire mai sbagliati per quello che sono.
A proposito di gruppi di supporto, Intersexioni (il collettivo di cui faccio parte) ha un gruppo di supporto per genitori/parenti di persone intersex.
A.: Un giorno sarai un medico, come si affronta all’università l’intersessualità umanamente e scientificamente?
S.: Sono al terzo anno, non ho ancora affrontato questo argomento in classe. Potrò rispondere meglio a questa domanda andando più avanti nello studio (tra qualche anno credo). Al momento posso dire però che durante il primo anno abbiamo fatto un corso di filosofia morale e che ho provato ad accennare l’argomento (in un compito scritto) mentre parlavamo di diritti umani e di rapporto medico-paziente, ma il mio lavoro non ha ricevuto nessun riscontro da parte della professoressa. Ricordo anche che, al tempo le lezioni erano online, avevo scritto un commento nella chat della lezione parlando del mio attivismo (la lezione era sui diritti corporei del paziente), ma anche in quel caso non ho ricevuto nessuna risposta.
Grazie Stephan per il tuo prezioso intervento; in poche righe hai spiegato bene cosa vuol dire essere una persona intersex e quanto ancora si debba lottare affinché nessuna persona veda violato il proprio corpo. Accesso alle informazioni; diritto ad autodeterminarsi; diritto all’integrità fisica; consapevolezza; consenso e, soprattutto, una corretta e capillare informazione sono gli elementi che devono essere perseguiti per vedere riconosciuti e tutelati i diritti delle persone intersex.
Infine, invito a contattare direttamente il Collettivo Intersexioni per richiedere informazioni e consigli e a seguire questo blog per ulteriori approfondimenti.